Esce su Disney+ il film tanto atteso che parla di Togo e della corsa del siero e, visti i tempi che corrono, decidiamo che abbonarci per goderci il piccolo schermo può essere un toccasana per tutti noi. È già aprile e nel mondo dilaga l’epidemia chiamata COVID-19. Siamo chiusi in casa in quarantena da molti giorni, anche se siamo uniti e in buona salute gustarci questo film può essere vero un toccasana per il nostro morale. “Togo Storia di una grande amicizia” parla di un’impresa epica compiuta dai cani della nostra razza… Desideriamo toccare la neve che abbiamo tanto atteso, immaginando la gara preparata ma a cui abbiamo dovuto rinunciare e sentire quelle grida di eccitazione tipiche dei nostri cani che scalpitano alla partenza. Ci piace pensare di poter assaporare il fiato che scalda l’aria pungente e toccare il calore delle mani affondate nel pelo dei nostri cani che aiutano la circolazione e che scaldano il cuore. Proprio non resistiamo: spolveriamo la televisione e ci accoccoliamo sotto copertina in tre sul divano con Eden che ci fa da scaldapiedi.
La vera storia di Togo e della corsa del siero
Il film rende tributo ad una storia già nota, la famosa corsa del siero che vede come protagonista principale Leonhard Seppala. Correva l’inverno del 1925 e la spedizione riuscì a far recapitare il siero per salvare i bambini dall’epidemia di difterite da Nenana a Nome in Alaska.
I più credono ancora che la muta capitanata da Balto sia stata l’unica e la sola a compiere l’epica impresa, ma la verità è un’altra. Il film racconta che cani e musher, compirono una staffetta di circa 50 km ciascuno a eccezione della muta di Seppala che corse per 425 km (264 miglia) dei 1085 km (674 miglia) totali.
Togo, il leader in testa alla muta era un cane di 12 anni.
L’ultima parte della staffetta è stata condotta dalla squadra di Gunner Kaasen con Balto e Fox come leader. L’arrivo del siero a Nome fu recensito e omaggiato dai quotidiani di tutto il mondo e Balto ottenne la sua statua a Central Park.
Questa è storia.
Gustandoci il film…
Stefano ed io non proferiamo parola fin quasi metà film: “Ti piace?”
Poche battute per non interrompere la magia: non è un documentario, ma è fatto bene. Peccato per la troppa digitalizzazione: neve artificiale e dove poggiano i piedi i cani? Il film è monocromatico, tanto grigio, blu e poca atmosfera. “Bè, però i cani sono belli morfologicamente rispecchiano quelli dell’epoca, sono i Siberian Husky da cui poi è nata la nostra razza e la storia è raccontata bene”. Sorridiamo e conveniamo che “non siamo mai soddisfatti come i vecchietti che discutono i lavori davanti ai cantieri”.
La scelta di un cucciolo simpatico per la cinepresa, ma scorretto secondo lo standard di razza era già stata discussa visionando il trailer, ma siamo entusiasti dell’interpretazione del protagonista di Willem Dafoe (Leonhard Seppala) e che la Disney abbia finalmente dato il giusto tributo alla storia vera.
Il film finisce bene, quindi non preoccupatevi perché è fisiologico piangere se avete scelto la visione di questo genere e il regista Ericson Core convoglia nel finale tutte le emozioni di un’avventura in tipico stile disneyano con un bellissimo “The End”: l’eredità.
Ciò che oggi abbiamo raccolto da questa storia è nelle nostre mani o chiuso in un cassetto dimenticato?
Chi è il nostro Siberian Husky
I tempi cambiano, oggi i Siberian Husky non sono più necessari come cani da trasporto e il lavoro su neve e al traino prosegue nei circuiti sportivi e viene mantenuto in vita da nostalgici amatori.
Gli allevatori, quelli veri, sono pronti all’impatto che avrà la Disney sulla nostra razza; esperienza già vissuta con le pellicole di: Balto, 8 Amici da Salvare, Iron Will, SnowBuddies... tutte con protagonisti i nostri bellissimi cani che hanno creato un’impennata di richieste astruse e modaiole di cuccioli.
Gli aspiranti proprietari si innamorano del modello, della storia raccontata e vorrebbero ricreare una situazione similare di rapporto idilliaco col loro beniamino. L’effetto è simile a quello provocato da uno spot di un profumo: la pubblicità propone uno status symbol, un’icona da seguire, la fragranza arriva solo dopo. Un po’ come l’icona di Rex per il pastore tedesco o Peggy & Pongo per i Dalmata.
Come invertire il trend?
Difficile, forse solo con tanta pazienza e informazione ma ci proveremo, perché sarà compito degli allevatori, come sempre, occuparsi di una severa selezione non solo dei riproduttori, ma anche degli aspiranti proprietari che dovranno ridimensionare le loro richieste senza esprimere preferenza assoluta per un genere di cucciolo che sappiamo diventerà la moda. Vuoi per colore di mantello o per gli occhi blu, il modello Togo non è l’unico e giusto tipo che la razza prevede. Un lavoraccio a scopo informativo è quasi un dovere degli allevatori che amano questi cani. L’invito ai neofiti è quello di leggere lo standard di razza, ricercarne la storia e dare ascolto a persone competenti, evitando annunci on line fatti di prezzi fuori mercato e specchietti per allodole.
Ci saranno di certo tantissime richieste che il mercato degli allevatori seri non sarà in grado di soddisfare, questo perché il fine non è produrre capi da bestiame o animali destinati al macello, il nostro obiettivo è preservare una razza e mantenerla, non inondare il mercato al primo boom di richieste. Per quello che ci riguarda Stefano e io, da giovani allevatori, vogliamo esaltare la natura e lo spirito di iniziativa che la storia racconta.
A cavalcare le onde della moda saranno i cosiddetti “cagnari”, allevatori improvvisati o trafficanti di cuccioli galeotti non certificati pronti a rigettare sul mercato tutto ciò che la domanda può far ingrassare le loro
tasche. Per loro il film su Togo e la corsa del siero equivale a boom di richieste, quindi vendere, vendere e ancora vendere. Presto avremo sul mercato i più begli incroci per ottenere il mantello agouti, il pelo abbondante del cucciolotto, code e groppe scorrette e occhi azzurrissimi che arrivano dritti al cuore e alla fantasia dell’acquirente.
Anzi, come per la pandemia ci siamo già dentro, forse non ce ne siamo ancora resi davvero conto.
Il desiderio di vivere un Siberian Husky ai tempi del Coronavirus che ci incatena a casa fa crescere un po’ in tutti noi la voglia di riscatto post internamento, la nostra natura grida libertà e vita all’aria aperta. Siamo in
isolamento fino a data non definita e molti di noi sentono il bisogno di evadere e prendere una boccata d’aria. Non è solo la paura della malattia in sé, ma anche il bisogno di vivere appieno la nostra vita: non siamo nati per essere animali che vanno in letargo e abbiamo bisogno di una socialità diversa a confronto delle tartarughe.
Un cane può aiutarci seriamente nel riprendere in mano le nostre vite, questo è innegabile e non lo biasimo, ma il cucciolino ribelle e sfrontato, quale è Togo è il cane che fa per voi? Avete valutato la possibilità di una razza più adatta al vostro stile di vita o un’adozione di un soggetto meticcio o un bell’esemplare proposto dal canile di zona o da un rescue?
La metamorfosi di Togo
Nel film la metamorfosi di Togo combina guai è riassunta in pochi minuti di prove in slitta. Seppala rinsavisce e decide di assecondare la testardaggine del cucciolo e della moglie Constance (interpretata da J. Nicholson) e lui diventa improvvisamente un super cane dal valore inestimabile per il suo kennel e le sorti di un villaggio intero. Ecco che forse Disney avrebbe potuto sviluppare meglio questo incredibile passaggio, ma dopotutto è un film sostanzialmente pensato per un pubblico giovanissimo.
Un Siberian Husky è davvero così avventato come il piccolo Togo?
Sì, certamente. Potreste ritrovarvi con un piccolo remissivo e collaborativo, ma è molto più facile imbattersi in un cucciolo che non ha nessun senso
del pericolo, dei confini o dell’accettazione del confinamento. In pratica un trudino capace di scavare, arrampicare e correre come una furia impazzita a rotta di collo…
Che cosa potete offrire voi al vostro cane? E che soluzioni metterete in atto? Non siete di certo Seppala. Davvero pensate che un cucciolo viva bene sacrificando tutta la natura e la storia che porta dentro di sé in cambio di un bel box/recinto a prova di fuga? Canterete vittoria quando rassegnato rinuncerà a dimostrare la sua contrarietà nel vivere in prigionia e in assenza di contatto?
Non voglio essere fraintesa, ma sottolineare piuttosto che nel film il piccolo pelosetto è un cucciolo fondamentalmente non capito, non valorizzato e non solo poco apprezzato da Seppala, ma addirittura considerato irritante perché oltre a non rispecchiare i suoi standard (cucciolo malaticcio in giovanissima età) è un piccolo impudente senza freni e senza alcun senno.
Cosa possiamo noi offrire al nostro cucciolo?
I suoi bisogni etologici sono tanti, correre esplorare, l’impiego in attività di traino, condivisione di vita in un branco e in una famiglia. Se vi sentite davvero in grado di gestire e appagare un
piccolo Togo e siete stati onesti con voi stessi vi faccio i miei migliori auguri.
Alcune opinioni personali sul film Togo
Veniamo a noi, dalla parte degli allevatori. Il Siberian Husky è il cane che vogliamo allevare? Cosa sognano i nostri amati cani che rappresentano la razza al giorno d’oggi? Arrivare a fine giornata con un pasto sostanzioso in pancia ed una “sgambata” nel “canile”? Bastano qualche centinaio di metri sulla neve e l’uscita del weekend? Vive bene un Siberian Husky distaccato dal padrone?
Togo, quel piccoletto nel box da cui regolarmente evade, a cui viene data un’ulteriore restrizione mettendolo a serraglio nel capanno...col tempo si guadagna un posto d’onore in camera da letto.
Uno a zero per il cane direi.
Quando decantiamo la necessità di imporci, di pretendere sudditanza da un cucciolo irriverente pensiamo di parlare con un preposto o un compagno che potrebbe divenire un amico? Tutti i nostri cani, più o meno scostanti dagli antenati della nostra razza mantengono delle caratteristiche e delle doti innate tramandate.
...è la memoria di razza che il nostro piccolo husky porta dentro di sé e che non può reprimere.
Il rude e incorruttibile allevatore Seppala nel film dichiara di voler fare selezione e il piccolo è in principio una delusione di cui liberarsi. La forza e l’astuzia umana nulla possono contro di lui: il cane su cui non avrebbe mai scommesso merita il posto più prestigioso alla guida della slitta.
Il vincitore di questa corsa alla sopravvivenza e alla vita, fuori dalla cornice della corsa del siero, è lui, il cane:
quel cane lungo il tracciato che ha l’espressione di chi non molla, che non conosce confini e limiti. Lo stesso che alla fine del film è in cima a quella roccia con lo sguardo fiero.
E' lui, l’indomabile esemplare che ci accompagna in una riflessione più profonda, non Seppala a dirci che:
Il Siberian Husky non sarà mai un cane per tutti.
Aggiungo: non è frutto di una selezione improvvisata. E’ bene riflettere.
Marta